La casa, conservata nel suo mobilio originale, è posta al primo piano di un edificio settecentesco tra i pochi sopravvissuti alla distruzione della città durante l'eruzione del 1794. Fin dalla morte del parroco torrese la casa, in modo particolare la stanza dove morì, divenne oggetto di devozione, pellegrinaggio e preghiera da parte dei fedeli.
Storia
La casa si trova al primo piano di un antico edificio posto nel cuore del centro storico di Torre del Greco, più precisamente al civico 19 della strada denominata via Piscopia. Il toponimo della via deriverebbe da Episcopio riconducibile all'episcopato arcivescovile di Napoli proprietario, in passato, di diversi terreni della zona. Il palazzo, costruito nella prima metà del Settecento, rappresenta uno dei pochi edifici sopravvissuti alla catastrofica eruzione del Vesuvio del 1794 che distrusse gran parte della città.
Nella casa, al primo piano dello stabile, da Nicola Romano e Grazia Rivieccio, nacque il 3 giugno 1751 Vincenzo Romano che sempre abitò lo storico edificio fino alla sua morte sopraggiunta nel 1831. Adiacente il palazzo si trova il Succorpo Piscopia, suggestivo vicoletto usato da Vincenzo Romano per giungere più velocemente alla parrocchiale di Santa Croce sede del suo ministero per 33 anni.
Alla morte di Vincenzo Romano la casa fu ereditata ed abitata da Felice Romano, nipote di Vincenzo, ordinato sacerdote nel 1817. Felice vi abitò soprattutto durante il suo ministero di parroco di Santa Croce, dal 1832 al 1854, quando fu nominato vescovo di Ischia[. Nonostante il suo apostolato ischitano non lasciò mai la casa torrese, abitandovi sporadicamente e ritirandosi definitivamente nel 1871, lasciato l'episcopato ischitano per sopraggiunta malattia. L'anno seguente morì nella stessa camera dove spirò lo zio qualche anno prima.
Fu Felice Romano a preservare la casa dello zio, morto in concetto di santità, conservandone le suppellettili, i mobili, gli effetti personali, la corrispondenza, la biblioteca, gli appunti e tutti i suoi scritti. Dalla morte di Felice Romano il palazzo ha subito diverse trasformazioni che non hanno però alterato la stanza di Vincenzo Romano al primo piano, arrivata quasi intatta, nel suo mobilio originale, fino ai giorni nostri e divenendo luogo di preghiera e pellegrinaggio per i devoti del parroco santo. Dopo diversi passaggi di proprietà, dal 2014, per lascito testamentario, l'intero edificio è pervenuto alla Basilica di Santa Croce.
Descrizione
l palazzo si sviluppa su due piani con atrio e piccolo giardino interno. La facciata, dalle linee settecentesche, è caratterizzata da semplici modanature che decorano finestre e balconi. All'altezza del primo piano è visibile la lapide, posta dal comune, che ricorda l'illustre inquilino della casa. L'atrio è decorato con alcuni bassorilievi in terracotta, realizzati di recente, rappresentanti scene della vita di Vincenzo Romano. Nel piccolo giardino, che conserva ancora l'originale cisterna per l'acqua, è visibile il busto in bronzo di Vincenzo Romano realizzato dello scultore torrese Giggiano Borriello nel 1982.
Al primo piano si trova la stanza abitata da Vincenzo e Felice Romano perfettamente conservata nel suo arredo originale databile tra Settecento e Ottocento. Sono visibili diversi oggetti di vita quotidiana: letto, comò, inginocchiatoio e un piccolo scrittoio, varie suppellettili, alcuni paramenti sacri ed abiti di Don Vincenzo, dipinti ed immagini sacre. La casa conserva, inoltre, l'intera biblioteca privata di Vincenzo Romano.
Le tavolette votive
I pescatori torresi, soprattutto tra XVIII e XIX secolo, al ritorno dalle lunghe campagne di pesca erano soliti ringraziare la vergine e i patroni locali facendo dono, presso le chiese cittadine, di piccoli quadretti ex voto sui quali venivano dipinti i pericoli superati, durante la navigazione, grazie al presunto intervento dei santi invocati.
Presso la casa di san Vincenzo Romano in via Piscopia si conserva una piccola collezione di ex voto offerti al parroco santo. La raccolta è composta da ventitré tavolette dove il parroco di Torre del Greco è invocato, assieme ad altri santi, nelle più svariate situazioni quasi tutte legate alle difficoltà affrontate e superate da marinai e pescatori di corallo di Torre del Greco.