E’ la sera del 15 giugno 1794 ed un boato scuote la notte sancendo l’inizio dell’attività eruttiva del vulcano; la lava e le ceneri ricoprono velocemente la città spazzandone via luoghi simbolo e seminando terrore tra la popolazione. Anche l’antica chiesa dedicata a Santa Maria del Principio, edificata intorno all’originaria edicola votiva della Vergine risalente al XII secolo sorta nelle vicinanze del mare e sin da subito punto di riferimento per i tanti marinai che solcavano le insidiose onde del mare, viene completamente ricoperta dal materiale vulcanico. Tutta la sua secolare storia sembra così cancellata inesorabilmente in una sola notte; tutte le testimonianze artistiche e religiose, tutti i simboli della grande devozione popolare che nel tempo avevano arricchito di significati questo luogo, l’antica edicola contenente il dipinto della Madonna del Principio, tutto spazzato via dal risveglio impetuoso del vulcano. Un colpo duro per uno dei luoghi chiave della devozione popolare che subisce la stessa sorte di un altro tempio cristiano cittadino, la Basilica di Santa Croce, della quale riesce a salvarsi solo una parte dell’imponente campanile.
Si salva invece il monastero degli Zoccolanti, edificato sulla collinetta alle spalle della chiesa e risparmiato dal flusso del magma. E proprio da questo imponente ed antico edificio che riparte la storia che stiamo raccontando; da quel luogo, posto sulla collinetta soprastante Santa Maria del Principio, qualcuno intravede delle fiammelle risalire dalle ceneri. Il racconto popolare di ispirazione religiosa vuole la Madonna che, elevandosi in visione, indica dove effettuare lo scavo per ritrovare l’antica chiesa.
Sulla spinta di questo avvenimento, e grazie all’impegno ed alla devozione del popolo per quell’antica immagine della Madonna, lo scavo inizia e tra la lava ormai solidificatasi
iniziano a riapparire i resti della chiesa. Riappaiono frammenti di colonne, resti dei bellissimi pavimenti maiolicati di scuola napoletana, parti della struttura dell’edificio inglobate nel materiale lavico. Ma la sorpresa più grande e che lascia gli esploratori a bocca aperta è il ritrovamento dell’antico affresco dell’altare centrale miracolosamente scavalcato e risparmiato dall’impeto della lava. La scoperta è sensazionale e genera grande clamore tra la popolazione; la notizia arriva fino alla corte dei regnanti Borbone a Napoli che vogliono essere accompagnati per visitare il sito; scenderanno da una botola preparata appositamente per loro ancora oggi visibile e rimarranno stupefatti.
La storia di Santa Maria del Principio riparte da questo ritrovamento e vede protagonista il Beato Vincenzo Romano, grande figura umana e religiosa della città corallina, ispiratore materiale e morale della ricostruzione della chiesa, così come fatto già con la basilica di Santa Croce; a lui va il grande merito di aver saputo veicolare la grande voglia di rinascita del popolo torrese e di aver reso possibile anche finanziariamente questi progetti di riedificazione. In poco tempo rinasce una nuova chiesa contenente nel suo ventre l’antico altare e ciò che resta della chiesa antica. In tempi più recenti l’appassionato e qualificato lavoro di ricerca e di scavo di Don Nicola Ciavolino, viceparroco della chiesa e figura di grande spessore culturale, ha permesso di rinvigorire l’attenzione verso questa testimonianza del passato.
Dal 2013, l’associazione Wesuvio, il parroco Don Luigi Magliulo con il contributo di altri appassionati hanno intrapreso un percorso di valorizzazione del sito proponendo percorsi di visite guidate ed eventi con l’obiettivo di far conoscere ad un pubblico sempre più vasto questa importante testimonianza della storia vesuviana.